Dialettica e Responsività: il conflitto è il motore della democrazia
Non so se avete ascoltato il prof. Barbero all’assemblea della CGIL sottolineare l’importanza del conflitto sociale. Il riferimento era chiaramente alla tensione crescente tra il governo e il principale sindacato italiano, ma credo che riflettere su questo tema possa essere utile anche a livello locale.
Prendiamo un esempio concreto: al Balsofiore di Forio, alcuni genitori e un politico locale sollevano polemiche e perplessità sulla salubrità del servizio mensa. Intervengono l’ASL e i NAS che riscontrano irregolarità evidentemente tali da costringere scuola e comune a correre ai ripari.
Le polemiche continuano, ogni attore coinvolto tira l’acqua al proprio mulino, ma il punto è un altro: le istituzioni si muovono perché esistono “minoranze attive” che sollecitano interventi. Gli anglosassoni chiamano questo meccanismo responsiveness (responsività): la capacità di chi ha responsabilità pubbliche (accountability) di rispondere alle richieste dei cittadini. In altre parole, chi sogna una società “senza conflitti” desidera – più o meno consapevolmente – un sistema autoritario, dove le voci critiche vengono silenziate.
Quindi, viva la dialettica e viva chi fa bordello: la democrazia passa di lì.
Tra senso comune e opportunità politica: il pericolo della “trumpizzazione”
La “trumpizzazione” del discorso pubblico, con il suo richiamo ossessivo al “senso comune”, rischia di cancellare del tutto il concetto di “opportunità politica”. Negli Stati Uniti probabilmente è già così (ma questo, beninteso, non significa che non si possa tornare indietro) mentre in Europa – e in Italia – ci stiamo avvicinando pericolosamente.
Dopotutto, agli italiani che importa se un sottosegretario alla giustizia è stato condannato in primo grado? Agli ischitani che importa del profilo di un politico di FDI, quando la priorità è garantirsi il diritto di litigare sul confine e sulla pianta di limone senza la scocciatura di doverne discutere in tribunale a Napoli? E ai foriani, poi, figurarsi che importa di avere Delmastro come concittadino.
E ai politici che quella cittadinanza onoraria l’hanno votata, importa qualcosa riflettere sulla scelta fatta? Macché. Sorvolando sul fatto che, in qualche caso, c’è da sospettare che non sapessero nemmeno chi fosse, ‘sto Delmastro…
Il confine labile: gradualità o trucco amministrativo nelle demolizioni?
Quello che mi lascia perplesso nei sostenitori della gradualità nelle demolizioni, soprattutto nell’idea di lasciare per ultime le “prime case” – ometto volutamente “di necessità” – è il labile confine tra buon senso ed escamotage. A prima vista sembra una posizione ragionevole, ma ha il sapore di trucco giuridico-amministrativo. Chiamiamolo pure teorema “3 figli, 3 prime case” – lo stesso che ha trasformato un’isoletta nel Mediterraneo in un caso esemplare di consumo di suolo fuori controllo.